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Francesco di terra e di vento

“Tre attori, qualche volta narratori, spesso personaggi, reali, inventati, che raccontano San Francesco, un Francesco forse un po’ distante dall’iconografia tradizionale, ma....Presuntuosamente nostro.”

E’ la descrizione concisa che ci dà in anteprima il regista dello spettacolo, Umberto Zanoletti, e che accolgono orgogliosi i suoi compagni:

Andrea Cereda, Gianni Coluzzi e Massimiliano Zanellati.

Che lo spettacolo abbia inizio!

Le luci calano, con il solito ritardo teatrale.

Tre uomini descrivono Francesco ,un loro amico:

“Ti ricordi quando si è finto storpio fuori dalla locanda?””Si è vero..”e si piega con una smorfia come se portasse il peso di una gobba e fosse anche zoppo”che risate!!Ma ora dov’è?con quella dell’altra volta o lei l’ha già stufato??Facile..”

...

Stiamo parlando di San Francesco d’Assisi?Lo stesso che penso io?Lo stesso dedito alla povertà in tutte le sue forme?Lo stesso che consacrò una vita intera alla preghiera?

No.

Gli attori, infatti, con illusioni sceniche e giochi di luce, grazie ai quali riescono ad interpretare uno o venti personaggi tutti assieme, reali, immaginari, fuori o dentro la scena, onniscienti o profondamente semplici e ingenui, mostrano un Francesco umano, amico, sin da prima della rivelazione e del viaggio a Roma e cui seguì l’ordine francescano ufficiale, ridono quando si spoglia in pubblico, chiacchierano quando è da solo con Chiara.

Spezzano l’epiteto di santo che si è guadagnato nei secoli, rispettando la sua immagine come quella di un loro amico che all’improvviso e inspiegabilmente, è cambiato.

E lo accettano così, sereno e sofferente.

La scenografia è semplice, se non inesistente, il palco è coperto da foglie secche e polvere, gli attori non escono mai effettivamente dalla scena.

Qualche volta usano bastoni, e li trasformano in sostegni, spade, alberi, altre volte usano pietre, ma è sempre l’immaginazione che aiuta.

E’ la fantasia dello spettatore il lasciapassare per un mondo intero costruito da tre uomini soli, anche se davanti a uno spettacolo del genere dubiti che siano solo loro.

L’impegno trapela.

O forse sono io a scorgerlo, consapevole che la comitiva si è calata fisicamente nell’Assisi del 1200, ricercando con non poca difficoltà lo stesso vento che ha accarezzato o buttato giù Francesco, lo stesso odore della terra, dei monti umbri che il santo amava, calpestava con cura e rispettava.

Hanno compreso il dolore paterno di Bernardone.

Hanno immaginato la preoccupazione della madre e degli amici. Hanno sentito l’amore eterno che Chiara argomentava passeggiando vicino al fiume con lui. Ma soprattutto..Hanno fatto propri la povertà. La sofferenza, il dolore che accompagnarono Francesco sino alla profonda serenità, la liberazione, la gioia di contemplare il creato divino, fratello sole, sorella luna, e anche sorella morte corporale.

Laudato sì, mi’ Signore, per lo frate Teatro!

Francesca Vinciguerra - I B
Ultima modifica ilLunedì, 03 Novembre 2008 00:14

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