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Todo Modo - 9 gennaio 2009

Todo modo riesce a denunciare i mali impietosi che affliggono la società italiana: la corruzione, la ricerca del potere, una dilagante mancanza di idee e principi e così riesce a fare luce sui giochi di potere tra stato e chiesa. Lo spettacolo, tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia, ha l’andamento di un thriller, in un clima dove il colpevole potrebbe essere chiunque, viene utilizzato l’io - narrante dello scrittore per porre il mistero al centro della società. Con l’intervento di due grandi attori, Paolo Ferrari, nel ruolo del cinico scrittore – professore ed io- narrante e Giuseppe Pambieri nel ruolo dell’affascinante e politico Don Gaetano, il regista è riuscito a intrattenere il pubblico aggiungendo caratteri ai personaggi, interpretati favolosamente, che senza aggiungere toni o movimenti particolari sono in grado di far ridere e riflettere il pubblico al tempo stesso. Il professore interpreta un ruolo rivoluzionario, ideale, difficilmente esistente ora quanto allora che non si lascia catturare dal fascino di una fede di moda, quasi da utilizzare come sicurezza per evitare l’idea di un ipotetico Dio. Don Gaetano interpreta invece un ruolo ambiguo, fuori dal comune, sembra infatti che egli sappia già quello che doveva succedere nel suo albergo - eremo.
Nell’eremo di Zafer si riuniscono ogni anno per i tradizionali esercizi spirituali, importanti uomini politici e industriali accompagnati da donne, spesso amanti. L’equilibrio della vicenda viene rotto quando durante la prima seduta di preghiera viene ucciso uno degli uomini giunti nell’eremo – albergo per depurare la sua anima. Da qui parte un’inchiesta serrata che avrà un unico risultato: nessuna vittima, tutti colpevoli. Il sostituto procuratore Scalambri, ex allievo del professore, viene chiamato sul posto per risolvere il mistero. Dopo aver svolto un interrogatorio generale agli ospiti e dopo aver cercato di ricostruire le dinamiche del delitto il sostituto procuratore riesce a raccogliere una testimonianza. Il testimone riesce però a rivelare meno di quanto sa perché sarà lui la prossima vittima. Ormai il cerchio si restringe ma nonostante questo Don Gaetano, che sicuramente sa qualcosa continua a tacere. Finchè anche lui, personaggio scomodo per l’autore viene ucciso o forse si suicida. Il cerchio ormai è strettissimo e il colpevole sta per essere scoperto. Ma nel luogo pieno ma timoroso di Dio non può prevalere la giustizia e per questo il vice procuratore Scalambri riceve una telefonata che gli ordina come risolvere il delitto: silenzio. Così termina la vicenda che l’autore voleva paragonare, non con molta fantasia ai delitti di stato su cui nessuno è mai riuscito a fare luce.

Claudia Iezzi I b Liceo classico V. Emanuele II

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