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La Commedia di Candido - 8 febbraio 2009

La fantasiosa attrice Augustine si trova al centro di una vicenda assurda, fatta di spionaggio e segreti, che ha per protagonisti Denis Diderot, Jean Jacques Rousseau e il celebre Voltaire, che dalla sua villa di Ginevra sta terrorizzando il mondo (i suoi due colleghi in primis) con la minaccia di pubblicare il Candido; il libretto è alquanto misterioso, nessuno ne conosce esattamente il contenuto; ma si sa che in esso Voltaire mette alla berlina tutti i valori, gli ideali e i personaggi del tempo. Questo corrisponde al vero: il Candido, infatti, aveva angosciato e mobilitato filosofi e sovrani di mezza Europa, militari, politici e organi religiosi, che si preparavano ad un’immediata censura. La commedia di Massini non è una fedele celebrazione del testo originale: l’autore ha preferito immaginare un’avventura un po’ noir, un vortice di travestimenti e inganni, tutto pervaso da una forte vena comica; vengono così portati sulla scena dei personaggi folli e indimenticabili: Diderot rischia una crisi isterica, alle prese con problemi quotidiani che ostacolano le sue meditazioni; Rousseau è un orso intrattabile; Voltaire è un divo hollywoodiano, infantile e al tempo stesso geniale; Dalembert influisce poco sulla vicenda, poichè è in uno stato di perenne coma etilico. Trionfa la protagonista Augustine, interpretata da una straordinaria Ottavia Piccolo. Con la sua grande energia ed un’espressività scenica davvero fuori dal comune, la Piccolo ha conquistato il pubblico, che le ha dedicato numerosi applausi a scena aperta. Grande successo anche per Vittorio Viviani, interprete dei tre filosofi, che ha saputo gestire con capacità personaggi così diversi. Gli attori hanno fatto rivivere le pagine più significative del Candido, sconvolgenti e toccanti per la loro attualità. Ferocissima la critica alla chiesa, al clero che fa politica; la voce sincera di Augustine interpreta la parola “religione” come il contrario di “ragione”, e racconta di quando Candido, mendicante, venne accolto e aiutato solo dall’anabattista Jacques. Il pensiero profondamente pacifista di Voltaire, che vedeva nella guerra la “pazzia più pazza”, ha preso forma nel capitolo dedicato alla guerra tra Àvari e Bulgari. I personaggi lo reinterpretano, lanciandosi in una sfida dialettica, che vede contrapporsi l’uomo e la donna, il principio maschile e quello femminile. I termini di origine militare sono generalmente maschili: cannone, accampamento, soldato, cavaliere, eccetera; la donna è invece vista come genesi dei concetti positivi: “pace” è infatti un nome femminile, singolare; così come ”ragione”, “filosofia”, “verità”. Insomma, nel “migliore dei mondi possibili” celebrato dal maestro Pangloss, la guerra, la povertà, la fame, sono riconducibili tutte all’azione dell’uomo; la donna, relegata al ruolo di subalterna, cerca invece di limitare i danni. E’ ciò che cerca di fare anche Augustine, coinvolta nel triangolo impazzito fra Diderot, Rousseau e Voltaire.

De Nardis Margherita IA, Liceo Classico Vittorio Emanuele I

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