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A che servono questi quattrini

Con “A che servono questi quattrini”, torna in scena la commedia della grande tradizione napoletana interpretata anche da una sua pietra miliare: l\\\'attore dalla teatrale nobile origine Luigi De Filippo.
Si può dire che, mai come in questo caso, il nome dell\\\'opera sia “parlante”, in quanto il tema attorno a cui Armando Curcio, autore di questa fortunata commedia, volle vertere fu proprio l\\\'eccessiva considerazione che si ha dei “quattrini” e di chi li possiede, che spesso fa anteporre il valore del denaro al valore intrinseco della persona stessa.
In uno spaccato di una Napoli popolare d\\\'altri tempi troviamo Vincenzino Esposito, giovane ebanista che del lavoro e dello sforzo non fa delle priorità;
interpretato con grande maestria sulle orme di Peppino De Filippo, il giovane è l\\\'immagine di tutta quella classe popolare che sogna di fare il grande salto verso una vita migliore ma che ogni mattina è costretta a ridestarsi per pensare a mandare avanti una vita di sacrifici che non aspetta le esitazioni legate alle umane difficoltà.
Da quando ha conosciuto il marchese Parascandalo, “o Professore”, Vincenzino ha abbandonato il lavoro, persuaso dalle eleganti parafilosofiche teorie del nobile che, oramai decaduto, dei soldi non fa un\\\'esigenza. Ma quest\\\'ultimo, vera e propria figura plautiana all\\\'interno della commedia, non è un furbo, né un imbonitore, e per tutto lo svolgimento della vicenda lavorerà all\\\'insaputa di quasi tutti per creare un gioco di sottili intrecci, tanto semplice quanto efficace, per arrivare a dimostrare la superfluità dei “quattrini” ma al tempo stesso la loro sopravvalutazione e la loro elevazione a elemento principe della società.
Orchestrando a regola d\\\'arte un falso ricco lascito da parte di un fantomatico lontano parente d\\\'America a favore del giovane, il marchese lo trasformerà da povero pezzente qual era in una persona stimata e rispettata: i negozianti vogliono fargli credito, i conoscenti lo riveriscono e addirittura Ferdinando De Rosa, proprietario di un pastificio in fallimento, gli concede la mano di sua sorella, amata da sempre da Vincenzino pur senza essere ricambiato in ragione della propria povertà, in cambio di un ricco prestito in favore del suo pastificio.
A questo punto “o Professore” esce allo scoperto e confessa al ragazzo la falsità della donazione, ma l\\\'inganno continua: infatti egli riuscirà a far prestare i soldi al De Rosa da un usuraio, ad un tasso vantaggioso solo in virtù del supposto patrimonio di Vincenzino che servirà da garanzia.
E tutti vissero felici e contenti, verrebbe da dire... ma sarà stato davvero così?
Perchè se da un lato Vincenzino è riuscito in un certo qual modo a realizzarsi, ciò è stato possibile solo grazie ai “quattrini” che, benchè non servano a nulla, costituiscono, nella società di oggi come in quella di allora, un parametro importante se non fondamentale nelle relazioni tra uomini.
Insomma, una commedia divertente, portata in scena con maestria da una compagnia autorevole, con una doppia scenografia davvero realistica e ben fatta, ma in fondo, come ogni commedia della tradizione, velata di un certo senso di angoscia indotto da una seria riflessione sui temi trattati.


Federico Morena – IIIB - Liceo Classico “V. Emanuele II” - Lanciano
Ultima modifica ilVenerdì, 11 Maggio 2012 10:55

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