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L'Ebreo

Il 29 novembre 2010, alle ore 21.00, è stata rappresentata presso il teatro “Fedele Fenaroli” la commedia noire “L’Ebreo”, di Gianni Clementi, con Ornella Muti, Duccio Camerini e Mimmo Mancini, dalla regia di Enrico Maria Lamanna (Mithos Group).

Essa è la storia di una coppia coinvolta da un temuto quanto atteso evento. I coniugi Consalvi, Marcello (Duccio Camerini) e Immacolata (Ornella Muti) custodiscono, come prestanome, i beni di un facoltoso uomo ebreo, vivendo in una condizione di totale agiatezza economica, ma minacciata dall’inaspettato ritorno di lui, per l’appunto l’Ebreo. Con la complicità di Tito (Mimmo Mancini), idraulico amante di Immacolata, i due ne progettano l’omicidio. L’atmosfera si tinge di giallo, paura, meschinità, fino ad un finale tragico, surreale e grottesco, nel quale Immacolata e Marcello, tremendamente spaventati dall’idea di dover rinunciare al loro tenore di vita, presi dalla più totale follia, uccidono un amico confondendolo con il padrone, che in realtà non è mai tornato.

Ornella Muti, per la prima volta in teatro, nei panni dell’avida, cinica e calcolatrice Immacolata, è stata definita dal regista Lamanna “Lady Macbeth de noantri vestita alla Grace Kelly”. Tale epiteto rende benissimo la caratterizzazione psico-fisica di un complesso personaggio, che deve fare i conti con un marito debole e con quel denaro che computa continuamente con bramosia, usando la seduzione per non tornare alla condizione di serva. Il marito Marcello, debole, ingenuo e inebriato dalla forte personalità di lei, si lascia condurre verso il delirio e l’aberrazione. Il vero protagonista è senza dubbio il cinismo umano, dietro cui si celano la paura e il rimorso. Perché la volontà di mettere in scena un’opera, che è l’apoteosi dei peggiori difetti umani? Lo spettacolo è il ritratto spietato dei nostri tempi, un viaggio all’interno della psiche umana, cui fa da sfondo la tragedia della Shoah: non mancano, infatti, riferimenti nonché espressioni antisemite. I dolci canti in lingua tedesca rievocano la terribile persecuzione ebrea, che fa da sfondo alla paradossale vicenda rappresentata. Il romanesco, invece, aiuta l’opera ad assumere una connotazione ironica che ne accentua il forte cinismo. La scenografia, grazie a particolari espedienti, ricrea una casa borghese degli anni ’50: un ruolo importante è giocato dalla presenza della televisione (Lascia o Raddoppia) costantemente seguìta da Marcello, per cui anche il pubblico ne è coinvolto e, come la famiglia benestante non riesce a staccarsi da un’ammaliante vita, così anche Marcello/lo spettatore non può fare a meno di essa. D’altronde i Consalvi non sono infelici spettatori, ormai folli, della loro stessa vita ricca e meschina?

Giulia Sideri I C Liceo-Ginnasio “V. Emanuele II” di Lanciano

 

 

Ultima modifica ilMercoledì, 22 Dicembre 2010 10:27
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