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IL BORGHESE GENTILUOMO

IL BORGHESE GENTILUOMO
Il Borghese Gentiluomo è una rappresentazione che nasce dalla convinzione che Molière, genio immortale del teatro, possa definirsi ancora molto attuale e che , tra le sue opere, il testo scelto dalla compagnia possegga una forte e attualissima valenza popolare. Il testo, scritto nel ‘600 per divertire la corte di Luigi XIV, ci presenta un protagonista inusuale per il suo tempo, un semplice borghese commerciante, turbato dal costante assillo di un’ascesa sociale che, al tempo, era semplicemente impensabile, e che per questo creava divertimento. Questo fondamentale presupposto contrappone i sogni e le utopie del borghese alle derisioni della moglie, pragmatica e realista, animando un’incessante discordia. I ridicoli vaneggiamenti del borghese proseguono per l’intera commedia, favorendo l’avvicendarsi di numerosi personaggi, furbi e ipocriti, che fingono di assecondare il protagonista delirante per raggirarlo e derubarlo del suo denaro, alimentando sempre più l’intolleranza della moglie e della figlia costrette a sottostare e a subire le follie dell’uomo. Il vero ruolo d’onore in questo spettacolo davvero ricco, è la vicissitudine umana del non esser contenti di sé che si traduce in un disperato arrivismo sociale, teso a perseguire falsi ideali; quale agognata aspirazione potrebbe dirsi più attuale in un mondo in cui ormai l’apparenza è tutto? Dalla messa in scena di Venturiello emerge un caotico miscuglio di stili e una libertà assoluta del regista nel “giocare” con i passaggi continui da uno stile ad un altro, simbolo di un teatro d’avanguardia di grande sperimentazione. La rappresentazione è figlia dell’idea di Venturiello secondo cui la vera forza di un testo non risiede nella rappresentazione fedele e speculare, ma piuttosto nell’ attualizzazione delle vicende purchè rimanga inviolata l’ intenzione primaria dell’autore. Sarà per questo che la regia ha immerso la narrazione nella cadenza e nel respiro napoletano. L’intento di Molière di demolire e ridicolizzare l’ ambizione e la competizione sociale viene dunque esasperato dal molesto dialetto, dalle continue parti cantate e dai confusi balletti che affollano la scena spesso anche in modo inopportuno. L’allegria e la leggerezza di Molière vengono inoltre appesantite da ingombranti ripetizioni e banali movenze comiche, ci rimane tuttavia l’originario spunto di riflessione proposto da Molière: vale la pena di mortificare la propria identità pur di essere inghiottiti nell’omologazione di futili aspirazioni comuni o di ridicolizzare la propria natura inciampando nei più banali convenzionalismi della società? In realtà è sufficiente questo quesito a rendere attuale l’ opera geniale di Molière.
Stefania Blasioli Liceo Classico II A

Ultima modifica ilMercoledì, 10 Aprile 2013 13:27
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